La famiglia Chicherio é attestata a Bellinzona dall'inizio del '500. Numerosi dei suoi membri furono ecclesiastici e militari. Il ramo della famiglia imparentata con i Rossi del Paolino risiedeva in una casa situata nel comune di Ravecchia, poi frazione di Bellinzona. Una serie di contratti e atti di vendita datati della fine '700 e inizio '800, relativi a uno o più terreni in zona Guasta e Pedevilla, in parte appartenuti al canonico Ludovico Maria Chicherio ( fine sec. XVIII), testimoniano di beni immobili appartenuti alla famiglia.
Figlia di Francesco Fossati del Stocco e di Marta Rodari. Sposa il 18.2.1700 Domenico Ferrari fu Simone. Si conosce una sorella Costanza, defunta prima del 1703, quando Maria Lucia chiede di avere una parte della dote spettante alla sorella. Eredita poi dalla madre rimasta vedova essendo la sola figlia superstite.
Maria Lucia fa testamento nel 1721 e muore nel 1730 a 53 anni. Il marito Domenico Ferrari muore nel dicembre dello stesso anno. Non si conoscono figli o figli viventi. Suo erede universale il marito che morendo lascia tutto al fratello Giuseppe.
Figlia di Vincenzo, originaria di Maroggia. Moglie di Francesco Fossati detto del Stocco, famiglia di mastri scalpellini di Arzo. Noto un figlio Ludovico (m. prima del 1719) e due figlie, Costanza (m. prima del 1703) e Maria Lucia moglie di Domenico Ferrari fu Simone. Marta è già vedova nel 1696 (Stato delle anime di Arzo), e vive con la figlia Maria Lucia di 22 anni, ancora nubile, la cognata Giustina, pure lei vedova di Silvestro Fossati e i nipoti Francesco Antonio di 12 anni e Giovanna Maria di 14 anni.
Figlio di Giovanni Torriani e Sidonia Quadri, Agostino fu sacerdote e priore di S. Sisinio alla Torre, sede della parrocchia gentilizia di cui i Torriani possedettero il patronato fino al sec. 20. Muore nella sua abitazione di Tradate.
Nobile, originario di Mendrisio, figlio di Giovanni Battista, avvocato e notaio. Sposato con Marianna Visetti, figlia di Giuseppe Maria, di Mendrisio. Avvocato e notaio attivo fra il 1750 e il 1804 circa. Luogotenente del balivo di Mendrisio (1777-98), nel 1798 si schierò a favore della permanenza dell'ex baliaggio nella Conf. Fu cancelliere del governo provvisorio di Mendrisio (1798), viceprefetto di Mendrisio (1799) e giudice cant. (fino al 1802). Padre dell'avvocatp, giudice e uomo politico Antonio Isidoro Rusca (1757-1846).
Nato a Arzo (oggi Mendrisio) e morto a Mendrisio. Figlio di Simone Ferrari e di Caterina Rossi del Paolino, apparteneva ad una famiglia di marmisti e scalpellini di Arzo attivi già nella seconda metà del Cinquecento. Si sposò quattro volte, con Ursula Andreazzi di Tremona (1709), con Marta Franchini di Balerna (1720), con Giulia Rossi di Mendrisio (1733) e con Benedetta Bardella di Como (1735). Ebbe figli e figlie dalla seconda moglie (due figlie che prenderanno i voti nel convento delle Orsoline e una figlia disabile, mentre il primo figlio maschio morì in tenera età) ; la terza moglie morì poco dopo la nascita dell'unico figlio maschio della famiglia, Giuseppe Simone. Giuseppe Maria si stabilì a Mendrisio attorno al 1733, verosimilmente in seguito al terzo matrimonio con Giulia Rossi, la cui madre Maria Giulia Quartironi apparteneva ad una famiglia di notabili di Mendrisio che avrà un ruolo importante per la famiglia Ferrari. Non è noto se iniziasse la sua attività come marmista e se la mantenne nel tempo, ma grazie anche ai matrimoni, possedeva numerosi fondi agricoli e capitali che investiva in prestiti a privati e ai comuni. Nel suo testamento, fatto oralmente poco prima di morire nel 1751, lasciava legati alle figlie e nominava dei curatori per la figlia disabile e il figlio Giuseppe ancora minorenne.
L'oratorio di S. Maria Nuova della Cosia, o S. Maria Nuova di Borgo Vico, apparteneva alla parrocchia di S. Giorgio di Vico, docesi di Como. Risalente al sec. XIV, nel corso del Trecento la famiglia Suga, titolare del giuspatronato, vi annesse un ospedale dei poveri. L'istituzione possedeva diversi fondi situati a Olgiate, Cermenate, Bregnano e Corpi Santi della città di Como, amministrati dai patroni. Dal 1556 il patronato passò alla famiglia Maranesi. In epoca imprecisata, ma già ad inizio Settecento, la famiglia Bosia di Mendrisio condivise il patronato con i Maranesi. Nel 1801 le sorelle Lucrezia e Marianna Bosia fu Paolo (ultime discendenti del casato), con rogito del notaio Antonio Isidoro Rusca di Mendrisio del 7 feb. 1801, cedettero la loro metà di patronato al nobile Giambattista Torriani di Mendrisio, contro un vitalizio di Lire 1000 milanesi annue e l'impegno di non alienare i beni ma di intrattenerli, come pure di sottostare a diversi impegni verso la chiesa. I patroni conservarono i fondi in comunione fino al 1817, quando con un atto del notaio Gaetano Perti di Como vennero divisi fra G.B. Torriani e Teresa Porta Maranesi, erede del patronato e vedova di Giov. Battista Pogliani, che continuerà ad amministrare i possedimenti anche per conto dei Torriani. Dopo la morte di Giovan Battista Torriani (1823) e la divisione ereditaria, una parte dei fondi toccati al figlio Giovanni vennero da lui venduti al cugino Filippo Ferrari, per sanare vari suoi debiti.